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Frasi che contengono la parola marmo
(dieci anni dopo l'altare di sant'Ambrogio), su commissione del giurista Bartolomeo Parravicini e di suo nipote Gian Giacomo, canonico del duomo: realizzata in marmo di Musso senza tracce di colore, presenta forme tipiche della
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, e conservate per un lungo periodo non lontane dal luogo di ritrovamento, nel cortile del Palazzo della Valle (non a caso sono detti Satiri della Valle). Il trattamento del marmo e la resa del modellato permettono di datarle alla tarda
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, una pietra calcarea molto diffusa nel veronese e che venne messa in opera sia nella variante rosata che in quella bianca, creando una diffusa bicromia. I blocchi di marmo venivano lavorati in modo che potessero essere posti l'uno sull'altro senza l'uso di
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). Su largo della Memoria, si distingue per il bel portale bugnato sovrastato dallo stemma in marmo; l'interno per le sue linee architettoniche, per l'affresco nella volta dell'atrio, la fontana neoclassica e la peschiera del cortile. Per via di successione appartenne ai De Vargas Machuca principi di Migliano.
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; si dice che il corpo dell'imperatore fu trovato in notevole stato di conservazione, seduto su un trono di marmo, vestito con gli abiti imperiali, con la sua corona in testa, con i Vangeli aperti in grembo e lo scettro in mano. Un grande affresco, situato nella sala grande del municipio di
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. Tra i pezzi di arredamento, in gusto Biedermeyer, un tavolino in bronzo e marmo, ornato con satiri che reggono conchiglie, le quali sono andate a sostituire i medaglioni con all'interno il ritratto della famiglia reale, ispirandosi a quelli ritrovati negli
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sono state realizzate con lo stesso tipo di marmo utilizzato per il pavimento: le loro colonnine, che vennero sagomate in forma quadrata, sono in marmo rosso, mentre il basamento e i contorni sono in marmo nero
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Notevoli sono anche il pavimento in marmo intagliato a mosaico e la torciera in rame precedentemente situata al centro della basilica insieme a un altro manufatto identico: entrambe sono servite per secoli per illuminare le panche in modo tale da permettere ai fedeli, prima dell'installazione dell'impianto elettrico di illuminazione, di leggere senza fatica
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) del palermitano Pietro Spinosa, ha un superbo altare maggiore in marmo, con cinque medaglioni raffiguranti altrettanti episodi biblici. Della chiesa originaria del Quattrocento si conservano solo la base del campanile, una croce di pietra scolpita ed una campana datata
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, nella quale sorgono il Palazzo Gaetani, il Convento dei padri agostiniani sede del Museo Civico, il Palazzo dell'Associazione Nazionale Finanzieri e il Palazzo ove ha sede la biblioteca cinema cultura e spettacolo Efebo d'Oro. sul suo prospetto una lapide in marmo ricorda il centenario della nascita del Sinatra.
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e poi da Chieri a Superga. I blocchi di marmo venivano generalmente abbozzati e talvolta lavorati sul posto, poi trasportati su carri a Superga. La sabbia veniva scavata e tolta presso la confluenza del
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, che comprende la zona intorno all'omonima via, dalla biforcazione con via Settevene Palo fino al ponte sul Fosso del Marmo, gran parte della zona di Colle dell'Asino, e la parte di Viale Manzoni da largo Guido Rossa all'incrocio con via Bonaventura.
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, nel quartiere di Sarachane, grandi blocchi di marmo che formavano i coronamenti di nicchie furono riportati alla luce, insieme a frammenti di un'iscrizione monumentale che correva lungo una volta intorno agli archi delle nicchie. Questo fece riconoscere in quell'iscrizione parti di un'epigramma dedicatorio alla chiesa di San Poliecto.
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Internamente il salone appare completamente decorato in stile neoclassico e caratterizzato dall'alternanza di colore dei marmi e dei finti marmi in stucco lustro. Nelle pareti lunghe sono addossate una serie di colonne in marmo o in stucco lustro, nelle nicchie tra le quali trovano posto una serie di statue in stucco. Al di sopra delle colonne si trova una balaustra e sopra di essa, in corrispondenza delle colonne e dei
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Le facciate mostrano paraste e tamponamenti a bugnato liscio al primo piano, mentre i piani superiori restano decorati con le sole paraste; le finestre sono incorniciate con timpano a motivi geometrici e si alternano a balconate in pietra con pilastrini al primo piano e in ferro battuto decorato al secondo piano. All'interno lo scalone d'onore si articola in quattro rampe ad andamento ottagonale con gradini in marmo. Alcune delle sale conservano affreschi ai soffitti con temi decorativi e figurativi in stile
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. Sulle pareti stanno emergendo affreschi del Seicento della scuola del Donadio. Il coro ligneo e il maestoso altare maggiore in marmo, che un tempo adornavano la chiesa, ora si trovano rispettivamente nella chiesa del
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, oggi restano solo pochi ma notevoli resti incorporati nelle case e nei locali di servizio in piazza Santa Felicita: tre colonne in rocchi di marmo verde, con capitelli romanici di buona fattura, due delle quali sostengono ancora una
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La cappella presenta un sontuoso altare ornato da colonne in marmo policromo, e da un prezioso tabernacolo in pietre dure. Come la cappella di san Gaetano, ospita capolavori di statuaria barocca del Rusnati: sull'altare, la
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le Terme di Bagni in concessione al limitrofo comune di Tivoli. Devono il loro nome rispettivamente al ritrovamento di colonne di marmo delle antiche terme romane e per la supposta presenza della villa della regina
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(minerale). L'azione combinata della temperatura e la pressione, durante la trasformazione della roccia sedimentaria in marmo, porta alla progressiva obliterazione delle strutture e tessiture originariamente presenti nella roccia, con la conseguente distruzione di qualsiasi
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Originariamente, sotto il regno di Giustiniano, le decorazioni interne consistevano in disegni astratti su lastre di marmo poste sulle pareti e sulle volte con mosaici curvilinei. Di questi, si possono ancora vedere gli
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come ornamento degli edifici. Forte era l'influenza della Magna Grecia, con artisti ellenici a Roma dall'inizio del V secolo e l'accentuarsi del livello culturale medio dei romani. Il primo tempio interamente in marmo, fortemente influenzato dalle forme
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. Nella stessa piazza Duomo si trova anche la chiesetta di San Giovanni, con un prezioso altare in marmo di Carrara del Seicento. Nella piazza affaccia poi il Palazzo delle Poste, costruito ad inizio del
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, con una grande finestra centrale. Al piano inferiore sono presenti quattro lesene, intervallate con altrettante nicchie, mentre al piano superiore proseguono le due lesene centrali, ai lati del finestrone finemente decorato. L'interno si estende su tre navate, con le pareti laterali impreziosite da vistosi altari barocchi, prima dell'altare maggiore realizzato in marmo policromo. Presentano lo stesso stile il pulpito ligneo sulla navata principale e la cantoria al di sopra dell'altare, con organo con rifiniture dorate.
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) sono conservate pitture di IV stile, del tardo I secolo d.C., che sostituiscono quelle originarie, di I stile, delle quali restano tracce. Nella parete settentrionale, sopra uno zoccolo a larghe zone dipinte ad imitazione del marmo, sono quattro ampi pannelli separati da steli vegetali, su uno dei quali si distingue la rappresentazione dei
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, mostra di disegni e pitture inedite dell'artista. Questi disegni e pitture sono conservati presso collezioni private e sono state eccezionalmente esposte, insieme alle opere in gesso e in marmo conservate nello stesso museo nisseno, in occasione della commemorazione del centenario della scomparsa dell'artista.
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Tecnicamente molto capace con la creta, il gesso, il marmo e il bronzo: aderisce ai moduli formali di un classicismo ideale, con una cura per la una compostezza formale dei soggetti rappresentati, e per il sempre attento rapporto per il pieno e il vuoto. Rientrando a pieno titolo per questo in un conformismo accademico orientato ad un
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, seppe dal parroco che la poetessa era stata sepolta nei sotterranei di questa chiesa, ai piedi del castello, ma, in seguito, furono asportate le lastre di marmo dei sepolcreti, fra cui quello dei Morra, ed era quindi arduo individuare il punto preciso della sua ubicazione.
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), frammenti architettonico-decorativi e sculture in marmo e oggetti di devozione privata e dipinti su tela e tavola, provenienti da raccolte private e collezioni civiche e statali e risalenti a un arco di tempo compreso tra il
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che offrivano ricovero ai viaggiatori. Le costruzioni dei selgiuchidi venivano generalmente edificate con mattoni, mentre le pareti interne ed esterne venivano decorate con materiali costituiti da un misto di marmo, terra, calcare e stucco. Negli edifici tipici del
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e altri). Tutta la struttura tradisce una chiara derivazione da modelli greci (coi gradini al posto del podio e la struttura in marmo), sia nell'architettura che nelle decorazioni, ispirati a modelli del IV secolo a.C., come le
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Seguono poi sei colonne di nomi su pannelli in marmo rosa, in ordine di grado e alfabetico (con qualche aggiunta fuori ordine nelle parti inferiori), alcuni in parte illeggibili; in basso poi una fontanella con protome leonina e la data
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e del mondo della religione in generale (come si nota dalle sue opere letterarie), avrebbe fatto installare due sculture di teste umane in marmo, una maschile e allegra, l'altra femminile e triste, sulle
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circa. Si tratta delle decorazione della fascia mediana di una nicchia semicircolare, in cui il pittore dipinse una finta architettura con nicchie marmoree divise da pilastri poggianti su una cornice modanata sopra alcune specchiature in finto marmo. Nelle nicchie si trovano i santi Girolamo, Barbara e Antonio Abate, caratterizzati da una linea di contorno sottile e fluida e una colorazione vivace e armonica, derivata dall'esempio di
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Le decorazioni della sala erano sontuose: Traiano aveva concesso ai suoi costruttori di usare marmo e pietra, materiale quasi tutto importato. Il pavimento era lastricato con grandi rettangoli di granito grigio dell'
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per l'esportazione di vino e ortofrutta; nel manifatturiero, in particolare nei segmenti dell'industria alimentare, dei macchinari e termomeccanica, dell'estrazione e lavorazione del marmo, e della moda; infine nel settore ricettivo, essendo la quinta provincia italiana per presenze turistiche.
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Risalgono all'epoca arcaica gli strati inferiori, al di sotto della pavimentazione in marmo nero transennata di marmo bianco, approssimativamente quadrata. Il complesso arcaico era composto da una piattaforma sulla quale era posto un altare a forma di U (a tre ante), dotato di basamento e di un piccolo cippo fra le ante, e due basamenti minori i quali reggono, rispettivamente, un cippo a
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Intorno alla fine dell'XI secolo e al principio del XII, si diede mano a un grandissimo progetto di rinnovamento della chiesa di San Zeno. L'intenzione era quello di ingrandirla con l'aggiunta di un corpo di fabbrica davanti alla vecchia facciata, corrispondente oggi alla prima campata dell'edificio; oltre a tale ampliamento, si era proposto di rinnovare i vecchi muri longitudinali, sia delle navate minori sia della maggiore. Il nuovo edifico, come risulta da quanto rimane ancora oggi, doveva possedere paramenti murari in tufo ben squadrato, lesene aggettanti, una galleria marmorea costituita da arcatelle adorna di colonnette binate, in alto un cornicione ad archetti con doppia ghiera e mensole a doppio sbalzo, ricco di minuti ricami e un frego nobilmente scolpito in candido marmo.
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Appena entrati dal portone principale, spostandosi verso la navata di destra si osserva una grande vasca battesimale ottagonale in marmo. La tradizione, seppur infondata, vuole che il suo autore sia lo stesso Brioloto autore del grande rosone, in quanto vicino si trova l'iscrizione che lo loda.
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floreali e frutti. La fascia esterna contiene invece rappresentazioni di animali e scene di caccia con cani o belve che si rincorrono o si affrontano, uomini che colpiscono fiere, mostri, una cicogna che uccide una serpe, galli che portano una volpe e altre figurazioni. Le fasce mediane posano nel loro incontro su un piccolo capitello e le arcate sopra il semplice capitello bianco centrale sorretto dal fusto in marmo rosso forato dalla unione di quattro colonnine. Nella faccia anteriore del capitello si legge la scritta in caratteri gotici che attesta l'attribuzione ad Adamino:
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in marmo, da una scala marmorea finemente decorata che conduce ai piani nobili e da una fontana interna di ispirazione orientale, collocata in una stanza che ricalca lo stile moresco nella decorazione e nella forma delle finestre. La facciata posteriore, dall'aspetto chiaramente gotico ristrutturato, appare disomogenea: la caratteristica tinta rossa fa da collante per un insieme di camini,
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dei mattoni delle ghiere degli archi. Una nota di prestigio era rappresentata dall'utilizzo del marmo, non solo per il rivestimento del podio, ma anche per alcune decorazioni come le erme ai lati dell'ingresso principale dell'
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, uno dei superstiti del gruppo dei Bandiera. La statua di marmo bianco stringe con il braccio sinistro la bandiera raccolta e con la mano destra (mutila) ed ha il capo cinto da una corona d'alloro che simboleggia l'Italia libera. La lapide sul piedistallo riporta un'iscrizione di
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Facciata della chiesa dei Santi Faustino e Giovita a Brescia - Martirio dei santi Faustino e Giovita di Santo Calegari il Vecchio, altorilievo in marmo con inserti di ferro, ricordato come uno dei grandi capolavori della scultura barocca bresciana.
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, dove dipinge realistiche nicchie contenenti finti cartigli in marmo recanti la figura di san Benedetto a sinistra e di santa Scolastica a destra, il tutto accompagnato ai lati da motivi geometrici e floreali
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Intorno alla fine dell'XI secolo e al principio del XII, si diede mano a un grandissimo progetto di rinnovamento della chiesa di San Zeno. L'intenzione era quella di ingrandirla con l'aggiunta di un corpo di fabbrica davanti alla vecchia facciata, corrispondente oggi alla prima campata dell'edificio; oltre a tale ampliamento, si era proposto di rinnovare i vecchi muri longitudinali, sia delle navate minori sia della maggiore. Il nuovo edifico, come risulta da quanto rimane ancora oggi, doveva possedere paramenti murari in tufo ben squadrato, lesene aggettanti, una galleria marmorea costituita da arcatelle adorna di colonnette binate, in alto un cornicione ad archetti con doppia ghiera e mensole a doppio sbalzo, ricco di minuti ricami e un frego nobilmente scolpito in candido marmo.
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floreali e frutti. La fascia esterna contiene, invece, rappresentazioni di animali e scene di caccia con cani o belve che si rincorrono o si affrontano, uomini che colpiscono fiere, mostri, una cicogna che uccide una serpe, galli che portano una volpe e altre figurazioni. Le fasce mediane posano nel loro incontro su un piccolo capitello e le arcate sopra il semplice capitello bianco centrale sorretto dal fusto in marmo rosso forato dalla unione di quattro colonnine. Nella faccia anteriore del capitello si legge la scritta in caratteri gotici che attesta l'attribuzione ad Adamino:
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dalla quale si evince un'estrazione medio-alta dell'uomo del Similaun, dato che il rame a quei tempi era un materiale pregiato, una perla in marmo, esche e acciarino e uno zaino per contenere questi oggetti. Proprio l'ascia in rame costituisce un punto di collegamento con la
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, presenta ai lati del portale le statue di san Biagio e di san Bernardo, patrono del paese. L'interno a tre navate, con pilastri rivestiti in marmo e affreschi moderni sulle volte. L'altare maggiore del
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L'esterno dell'edificio nell'insieme appare sobrio, principalmente caratterizzato dall'alternanza di chiari e scuri determinata dai materiali di rivestimento come marmi scuri e il laterizio. Questi ultimi costituiscono il rivestimento esterno e, in corrispondenza del trentunesimo piano, compongono complesse decorazioni geometriche; nei setti perimetrali, tra le tre finestre poste agli estremi esterni di ogni prospetto, delle cornici di marmo scuro consentono di creare un effetto ottico che fa sembrare le singole finestre delle vetrate uniche che terminano agli spigoli angolari.
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sovrapposti; su entrambe le superfici interne dei due blocchi sono state scavate - in modo speculare - quattro calotte concave, nel mezzo delle quali sono collocate quattro sfere, anch'esse di marmo. Le calotte concave e le sfere di marmo svolgono la funzione antisismica, e la loro dimensione viene definita in fase di progettazione in rapporto al grado di protezione sismica necessaria. Tra i due blocchi sono installati anche elementi dissipativi in
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: il suolo della cella e lo zoccolo a strati delle colonne della cella stessa formano (costituite come sono di sicuro calcare eleusino) un nobile contrasto con il marmo pentelico della costruzione. Le colonne corinzie che hanno fatto il loro ingresso trionfale nel
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Il muro di fondo opposto all'ingresso e il muro di fondo dell'abside erano rivestiti in marmo e decorati da ordini di lesene e semicolonne e la pavimentazione era in marmi colorati, con giallo antico, pavonazzetto e
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La Sala delle Volte, la Sala dell'Udienza e quella dell'Antiudienza erano locali secondari. La Sala delle Volte era probabilmente usata come locale privato del doge. La Sala dell'Udienza era decorata da un camino in marmo di Carrara, scolpito con decorazioni raffiguranti putti su delfini e al centro il leone marciano, e da un fregio ligneo: entrambe le opere risalgono alla fine del
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, era una delle dimore della classe dirigente locale. Presenta sui due lati di un giardino rettangolare una sala da banchetto estiva pavimentata con lastre di marmo di fronte alla quale si trova una fontana monumentale. Sui lati corti la terma privata e uno dei lati del porticato. Essa risale al
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In queste zone il marmo viene impiegato anche per conservare gli alimenti. Dal marmo, infatti, si ricavano le conche in cui vengono riposte, a strati alterni, le falde di lardo suino e la salata con gli aromi:
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) ci permettono di formulare delle ipotesi su alcune tipologie di artigianato presenti nella colonia: tintura di stoffe di lana, scultura del marmo per la realizzazione di stele, produzione di oggetti di prestigio per l'ornamento del corpo e per il banchetto
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, ha pianta a croce greca ed un porticato con colonne di marmo e capitelli che riprende il motivo architettonico dell'interno. Le chiese a croce greca sono molto rare e sono sintomo del dominio culturale
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Tra le sculture in marmo nel museo vanno ricordate: la testa di Arpocrate, nome grecizzato del dio egiziano 'Oro, il fanciullo', rappresentato con forme paffute, chiome inanellate e lunghe ed il corno dell'abbondanza sulla fronte; la statua di un Niobide, copia romana dell'originale greco del III secolo a.C. (Entrambe le sculture provengono da Aeclanum).
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Si tratta di spezzoni di muro composti di una struttura abbastanza disomogenea, tra mattoni, massi squadrati di tufo, laterizio e frammenti di marmo mischiati insieme, a riprova dell'uso di materiali raccogliticci (spesso ruderi raccolti altrove) e di una manodopera tecnicamente limitata.
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e in seguito abbandonata. Le vetrate, gli organi e il mobilio venne distrutto, e la stessa tomba di Guglielmo il Conquistatore, un magnifico mausoleo in marmo sormontato da un'ara ed edificato su richiesta di suo figlio
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, lo scettro e la corona deposti a terra. Si riferisce alla penitenza che il vescovo di Milano, allora capitale dell'impero, impose all'imperatore per avere ordinato un massacro tra la popolazione di Tessalonica. L'episodio, frequentemente rappresentato, era inteso come metafora della subordinazione del potere imperiale a quello papale. Sopra il timpano spezzato dell'altare, retto da colonne in marmo policromo con capitelli in bronzo, sono statue di
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, detto il Bambaia, dal Canonico Vimercati. A fianco dell'altare si trovava il monumento funerario del Vimercati, pure del Bambaja, oggi trasferito nella navata destra della chiesa. Esso ha la forma di un tempio classico, interamente composto da marmo bianco, retto da colonne in marmo policromo. Al centro ospita il rilievo con la
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Oltre alla pittura si usava inserire pezzi di altri materiali colorati come argento e oro, smalto, madreperla e vetro, per far risaltare certi tratti o parti anatomiche, e certi tipi di marmo colorato e pietre nobili come l'
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decise di trasferire la residenza della famiglia ducale dal Palazzo Medici di via Larga a quello che era stato il Palazzo Pubblico. Tuttavia questi interventi riguardarono soprattutto gli interni e la nuova parte che affaccia su via della Ninna e via dei Leoni, mentre su piazza della Signoria i nuovi e preziosi ambienti restano celati nella severa mole arnolfiana. L'unica modificazione di rilievo sulla facciata si ha nell'Ottocento con la demolizione dell'aringhiera, un alto parapetto in marmo con sedili, realizzato nel
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) che sormonta un altare in marmo contenente lo stemma della famiglia Muscettola, i feudatari locali che promossero la costruzione dell'annesso convento dei frati minori francescani. Da segnalare tre statue lignee: un Crocifisso firmato dallo scultore gallipolino Vespasiano Genuino, databile nel primo decennio del XVII secolo; un
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. Il vaso, scritto sui due lati, fornisce due elenchi di nomi di persona di formazione greca. Il frammento di marmo rotto descrive un frammento di giuramento, dove spesso si fa menzione del re Nicocles, l'ultimo re di Pafo e comprende alcune importanti parole ed espressioni.
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. In mezzo alla peschiera si trovava una colonna in marmo con un angelo impugnante il vessillo visconteo e sotto di esso l'acqua sgorgava da quattro bocche di leone cadendo nella vasca sottostante, ricca di pesci; su un lato era scolpito nel marmo una sorta di porto con delle navi rappresentanti una scena della guerra punica mentre l'altra rappresentava un giardino con fiori e frutti esotici.
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D'argento alla pila dell'acqua benedetta di marmo verde, sostenente un uccellino al naturale, addestrata dalla Beata Vergine Maria in piedi, vestita di azzurro, ammantata di rosso, coronata d'oro, tenente fra le braccia il Divino Infante di carnagione, coronato d'oro, messo in sbarra, e sinistrata da
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Il palcoscenico fu ricostruito in marmo e conserva il frontescena come facciata monumentale, articolata in tre nicchioni semicircolari e decorata da un triplice ordine di colonne. Questa struttura risale all'epoca di
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, elevato rispetto al piano di calpestio, fronteggia il santuario altrettanto sopraelevalto. Pavimenti, scale, spalliera e braccioli presentano una ricca decorazione con intarsi in marmo e mosaici ove predomina lo stile
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) e responsabili del teatro, realizzati in marmo o in bronzo a partire dal dopo guerra. Le tappezzerie delle poltrone e dei divani sono realizzate con la medesima seta di colore giallo utilizzata per i tendaggi.
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, riconosciuta e disciplinata, che consisteva nel privilegio di tenere immagini degli avi in un armadietto nel tablinium (zona della domus posta di fronte all'atrium, un cortile parzialmente aperto). Questo diritto di tenere ritratti degli avi era ad appannaggio anche delle donne. Per questo si replicavano molte volte, in periodi differenti, le immagini che originariamente erano di cera, poi di bronzo e di marmo
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Colonnine angolari delimitano alti rivestimenti in marmo sovrastati da ampie superfici a mosaico di grande pregio raffiguranti elementi vegetali (palme e banani) e scene di carattere aulico e venatorio, simboli del potere normanno. Sono raccontate con grande dedizione nell'esecuzione battute di caccia con arcieri e
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, e tra i reperti ritrovati due piedi in bronzo, forse appartenenti ad un divano, un vaso in vetro, una lastra in marmo colorata, oggetti in bronzo e una bacchetta di vetro utilizzata per la preparazione di prodotti da
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. Nell'angolo nord-est era posta la scala in legno che conduceva al piano superiore. Tra i reperti rinvenuti nella stanza: un tavolino in marmo, vasi in ceramica e vetro, nove anfore e oggetti in bronzo
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Lapide commemorativa in memoria dei Caduti, nella piazza del Comune a pochi metri dal Monumento ai caduti della Grande Guerra (vedi sopra). Sulla lapide in marmo sono riportati i nomi del Caduti nella
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Cattedrale di Santa Maria Assunta, risalente al XIII sec., con portale di raffinata fattura, che reca in alto, una splendida edicola in marmo con la Vergine in trono col Bambino, fiancheggiata da due Angeli
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e situato tra piazza Mazzini e via Roma, era la residenza cittadina della nobile famiglia Riva. Composto da due edifici, si conservano ancora al piano terreno il portale in marmo, un loggiato con colonne in marmo e al primo piano un salone impreziosito da affreschi e stucchi.
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In origine il progetto prevedeva la costruzione di un complesso identico dalla parte opposta del fiume decorato con marmo nero invece che bianco, ed esisterebbero prove archeologiche che ne attesterebbero l'inizio della costruzione: nel progetto iniziale questo doveva essere il mausoleo dell'imperatore.
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I governanti persiani del medioevo avevano elaborati sistemi e fontane di distribuzione dell'acqua nei loro palazzi e giardini. L'acqua era prelevata con un tubo da una fonte ad una quota superiore e condotta all'interno del palazzo, dove sgorgava in una delle stanze o nel giardino attraverso un piccolo foro presente su un ornamento di marmo o pietra e finiva in una piccola vasca o nei canali del giardino. I giardini di
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gli interni subirono un rifacimento, e comparirono rivestimenti di intonaci e stucchi dorati, oltre ad altari in marmo lungo le navate laterali. Testimoniano questa fase barocca gli altari di San Giuseppe e della Madonna Incoronata, l'altare maggiore e il coro di noce intagliato. Un ultimo massiccio intervento di restauro nel
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di spoglio (come gran parte dei marmi del rivestimento), con capitelli dorati che reggono l'architrave. Le pareti, tripartite da colonne e raccordate agli angoli da doppi pilastri scanalati in marmo, presentano un rivestimento marmoreo a due colori alternati in fasce e altre forme,
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, per rimodellare il proprio palazzo a Monaco. Egli fu infatti responsabile di due grandi cambiamenti nel palazzo: il grandioso portale barocco d'entrata al palazzo, sormontato dallo stemma dei Grimaldi, ed una preziosa scala a due rampe, composta di trenta gradini ciascuna, i quali sarebbero stati scolpiti in un solo blocco di marmo di Carrara. Entrambi gli architravi delle nuove entrate e della scalinata d'onore vennero disegnati da
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L'ingresso principale immette in un grande atrio pavimentato in noce e palissandro. A sinistra, si accede alla biblioteca, dal caratteristico soffitto con decorazioni a stucco a forma di losanga, dotata di ampi scaffali in palissandro e tavoli da gioco. Oltre la biblioteca si trovano la veranda-giardino d'inverno, con due pareti interamente finestrate e pavimento in travertino e marmo verde, e il salone, riarredato da
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Il terzo piano ospita degli spazi espositivi temporanei di lunga durata. Attualmente vi si trova esposta una rappresentativa collezione di reperti romani ed islamici. Fra i primi emerge una bella statua mutila in marmo, installata su di un gran frammento di mosaico; si tratta del dio
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I resti della decorazione originale di questa chiesa consistono nelle basi di tre delle quattro colonne della campata centrale, ed in molti elementi che sopravvivono sui pilastri delle finestre e sulla struttura della cupola. La decorazione consisteva in origine in pannelli di marmo e piastrelle colorate: le volte erano decorate con
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in marmo bianco, con la rappresentazione di entrambi i coniugi distesi a grandezza naturale sul coperchio. In seguito alla morte e alla sepoltura del Moro in Francia, al termine della prigionia cui venne costretto dopo la
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completamente in marmo, ma di cui non ne rimane alcuna traccia e decorata con statue della famiglia imperiale; sul fondo si aprono tre esedre: una centrale, di maggiori dimensioni, dove era posta la statua della
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il che deriva verosimilmente dall'uso dei maestri scalpellini di riprodurre convenzionalmente sul marmo il colore rosso incidendo dei solchi paralleli e verticali (altri colori, come ad esempio l'azzurro, venivano resi tracciando striature oblique), cosa che ha fatto pensare in seguito che la banda rossa fosse appunto una scala.
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: al centro del Borgo Largo (o Via Oberdan), questo palazzo con loggia rappresenta uno degli esempi meglio riusciti del potere dei mercanti medievali a Pisa. Da notare la bellissima facciata gotica in marmo bianco dei Monti Pisani.
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Il transetto ha due absidiole sui lati ed un'abside con un peribolo animato da tre absidi divergenti, sopra cui si alza la mole dell'abside vera e propria, fiancheggiata da due torri scalari che ospitano scale a chiocciola, di cui quella destra collegata con l'interno del tiburio da un arco rampante esterno. Nelle absidi divergenti sono incastonate fusti di colonnine a spirale di marmo orientale, che si ritengono facessero parte del
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In alcuni resoconti scritti esistono indicazioni circa l'esistenza di una vasca, o fontana, al centro di questo cortile, secondo alcuni anch'essa ottagonale e costituita da un unico blocco di marmo (come descritto dal Troyli
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(Castagnola), costruita in una zona rurale, per soddisfare le esigenze dei pastori e agricoltori che per lavoro passavano da queste parti; originariamente, nel XIX secolo, contava una sola navata, ma in seguito furono aggiunte quelle laterali e l'abside. La facciata possiede un semplice portale e una finestra circolare in marmo, oltre a due piccole statue poste ai lati. All'interno ospita un palio in stoffa della Madonna del Pianto.
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Prini eseguiva anche opere di dimensioni contenute, come ritratti (della moglie, dei suoi tre figli, di amici), esprimendo nelle opere familiari un delicato lirismo, venato da malinconica dolcezza. In marmo ha scolpito una piccola fontana: un volto femminile che piange lacrime d'acqua che raccoglie poi nelle mani, unite a coppa. La Regina
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. Ai lati sono addossati i portici sorretti da colonne di marmo bianco, anch'esse seicentesche e appartenenti al primo impianto, rimesse in opera nel settecento. Tra i due chiostri corre il cosiddetto
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Sotto al pavimento della chiesa di San Lazzaro si trovava una seconda chiesa sotterranea; undici colonne ne sostenevano la volta, che costituiva il pavimento della chiesa superiore. Queste colonne non erano tutte uguali, sia per la forma che per il tipo di marmo, probabilmente per il riutilizzo di materiali di epoca
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Le leonesse di marmo: nel XVI secolo in piazza Andrea D'Isernia era presente una grande fontana, di cui oggi rimangono soltanto quattro leonesse ornamentali in marmo. Due di queste statue sono state posizionate ai lati dell'ingresso sud dell'attuale villa comunale. Le rimanenti due giacciono nel deposito comunale del
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Finita la prima guerra mondiale, si dedica alla ricostruzione della Francia inventando costruzioni prefabbricate in metallo, molto leggere e facilmente assemblabili. Nello stesso periodo inventa il finto marmo ed il
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cavasi abbondantemente nell'isola dell'Elba una specie di marmo mistio detto granito: ne cavavano anticamente i Romani delle colonne assai, come si vede in gran parte delle muraglie antiche della loro
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. La statua, in marmo bianchissimo, poggia su un globo blu in lapislazzuli, attraversato in diagonale da una fascia dorata e circondato da un gruppo marmoreo di cherubini. I cherubini e il globo poggiano su un piedistallo in marmo grigio, ornato da foglie stilizzate e da due grandi volute laterali in marmo bianco. Ai lati del piedistallo si trovano due angeli grandi e due cherubini, anche questi in marmo bianco come i precedenti. Il tutto poggia infine su un basamento in marmi policromi, che sovrasta l'altare. Sia il globo che il piedistallo risalgono al XVIII secolo e fanno parte di un progetto di
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), con fiori, con uccelli, con soggetti religiosi o mitologici. Queste placchette, montate entro cassettine di metallo, o di vetro o di marmo o di legno o di pietra dura, venivano poi applicate su tabacchiere o montate su spille, su elementi per collane, su anelli, su cofanetti, su bottoni: diventavano costosi
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Ultimo aggiornamento pagina:
05 Aprile 2021
14:52:07